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Randy Harrison parla della sua esperienza con “Tommy

Lunedì, 18 luglio 2011

Di: Larry Murray
Fonte: berkshireonstage.com
Tradotta da: Robin
Redatta da: Marcy


I soggiorni annuali dell’attore Randy Harrison nelle bucoliche colline nell’Ovest del Massachusetts sono un evento principale non solo per i suoi tanti fan, ma anche per i residenti del Berkshire. Le offerte spettacolari dei 4 teatri principali della zona attraggono legioni di clienti per il teatro dal vivo da tutta la nazione, ogni anno.

Quest’estate, la superba trasposizione del Berkshire Theatre Groups dell’opera rock Tommy è sulle bocche di tutti. Randy Harrison ha interpretato il ruolo del titolo col potere di una vera star.

Mentre qualche poverino è ancora fissato col suo ruolo nei panni di Justin nella serie della Showtime Queer As Folk, e qualcuno immagina addirittura che Brian (Gale Harold) faccia ancora parte della sua vita, Harrison è andato ben oltre la serie. Ha continuato a perseguire il suo unico e grande amore, il teatro dal vivo. Quelli che condividono questa sua passione sono forse le persone più fortunate che ci sono in giro.

Anche noi siamo stati fortunati, dal momento che quest’anno abbiamo potuto ancora una volta aggiornarci su di lui, e chiedergli se pensasse che il ruolo da rockstar “calzasse” bene. Questa conversazione si focalizza sulla preparazione e le rappresentazioni del ruolo.

Nella parte due (che apparirà più in là), esploreremo dove ha intenzione di arrivare.

Larry Murray: E’ mattino presto, cosa stai bevendo?

Randy Harrison: Bevo il mio caffè. Ne ho bisogno.

LM: Il tuo tempo di permanenza nel Berkshire quest’anno è abbastanza limitato. Ed immagino che tu abbia lavorato molto per il ruolo di Tommy.

RH: Sì, il periodo di programmazione è molto breve, e sì, c’è stato molto lavoro.

LM: Quindi, parliamo di come Tommy è venuto alla luce.

RH: Come al solito, Kate (Maguire, il direttore artistico del Berkshire Theatre Festival) ha alzato la cornetta e mi ha chiesto di farlo.

LM: Tu dov’eri e qual è stata la tua reazione?

RH: Mi stavo preparando per Margaret, A Tyger’s Heart al Red Bull Theatre. Ricordo che quando ha telefonato eravamo nel bel mezzo delle prove nel teatro a St. Clements, quindi ero ancora lì quando l’ho richiamata, e ho detto sì.

LM: Ed ora puoi aggiungere “rockstar” al tuo curriculum, Come hai trovato la tua voce per Tommy…?

RH: …Per lo spettacolo? Sai che ho avuto una preparazione classica, e sono andato a scuola di teatro musicale all’inizio, ma sono uscito al di fuori del tracciato di molto. Negli ultimi dieci anni ho fatto solo due musical (Wicked a Broadway e Pop!, la storia di Andy Warhol allo Yale Theater) e ho ascoltato esclusivamente musica rock.

A New York mi sono esibito più con musica moderna ed indie rock, quindi sento come se sia diventato più naturale per me. E’ quello a cui il mio orecchio è abituato adesso. Questo mi ha aiutato moltissimo per sentirmi a mio agio nel cantare musica rock, è quello che mi interessa davvero ora. Ho più che un’affinità per questo.

E’ stato interessante lavorarci su e capire la musica dei The Who. Da una parte, è molto più importante di qualsiasi cosa io abbia fatto – mai! – nella mia vita. La chiave di tutto è che mi sento sempre al sicuro nel provare nuove cose come questa qui nel Berkshire, dunque ho deciso che se proprio volevo cantare a squarciagola un fa bemolle, questo sarebbe stato il posto giusto. Vediamo se riesco a tirarlo fuori.

E sai, ha funzionato, la nota è uscita. La band mi ha davvero aiutato a cantare, in una maniera straordinaria. Nessuno nella compagnia cantava meglio se non quando quei sei ragazzi erano nella stanza a suonare. Era come se la band gemesse. L’energia della musica ci ha dato il genere di strumenti di cui avevamo giusto bisogno per cantarla.

LM: C’è qualcosa d’intrigante, l’album uscì nel ’69 ma tu non sei nato che nel…

RH: ’77…All’inizio me ne sono accorto perché la mia famiglia aveva la colonna sonora del film quando sono cresciuto, quindi avevo molta familiarità con la musica da bambino. Dopo quel periodo non l’ho più ascoltata molto, fino a quando non uscì la versione teatrale dello spettacolo nel ’93. Nel 1994 ho visto il primo tour nazionale dello show quando ero al liceo, principalmente perché mio padre era un grandissimo fan sin da quando era stato realizzato il film.

Credo di poter dire di aver preso confidenza con tutte le sue forme. Mentre lo spettacolo si avvicinava, ho approfondito ancora di più la conoscenza dell’album originale e l’ho ascoltato molto.

Quello che trovo interessante è il modo in cui la versione teatrale differisca da quella originale. Pete Townshend dei The Who ha scritto solo una nuova canzone per la prima – “I Believe My Own Eyes”.

LM: Quand’è che hai cominciato a prepararti?

RH: Quand’ero ancora a New York. Ho cominciato a studiare lo spartito ed a imparare alcune cose. Di certo ho anche iniziato ad ascoltare tanto ogni versione dello spettacolo.

LM: Ce ne sono state moltissime di sicuro. E’ così che si diventa una rockstar?

RH: Non sono una rockstar. Ma è molto divertente fare finta di esserlo.

LM: La risposta dal pubblico? Onestamente credo di non aver mai visto un’audience così immersa nello show come quella della sera d’apertura.

RH: E’ stato proprio pazzesco…E meraviglioso. E sorprendente. Non sono mai stato parte di una tale reazione, prima.

LM: Penso anche che Tommy e il suo pubblico rappresentassero un momento di transizione in teatro, uno spostamento generazionale. Negli ultimi dieci minuti, le persone erano in piedi al di fuori delle loro poltrone, agitando i loro cellulari, scattavano foto e registravano video.

RH: Oh, davvero?

LM: Con le luci sul palco probabilmente non puoi vedere, ma mi è sembrato che le tradizionali norme per chi va a teatro continuino ad evolversi proprio come hanno fatto negli anni ’60, quando la giacca e la cravatta per gli uomini furono abbandonate perché considerate fuori moda.

RH: E’ stata una risposta notevole, ho visto le persone in piedi nelle file. E’ stato fantastico.

LM: Come hai proceduto nel creare il tuo personaggio di Tommy?

RH: Ho preso molti dei miei spunti dalla musica, visto che non c’era un grande script. Ed anche quello a volte era un po’ opaco. Ma la musica, c’è in lei un qualcosa di molto specifico, specialmente nelle scene di apertura dove io sono il narratore. Quando lasci che la musica imponga quel tipo di energia che il personaggio apporta allo spazio. Quando senti gli accordi di “Amazing Journey” e c’è l’entrata della batteria, c’è una variazione, è diversa dalla musica che hai ascoltato finora. Fornisce un’introduzione all’entrata di Tommy nello spettacolo. Quindi la musica è stata la chiave per me, enorme, più di qualsiasi cosa che abbia fatto prima.

E’ stato molto diverso dall’esperienza del recitare in un musical, che è più basato su un testo, e fatto più o meno nello stesso modo in cui realizzeresti una commedia. In Tommy tutti i suggerimenti arrivano dalla musica, non dallo script.

LM: Nonostante questo, hai aggiunto così tanto dettagli che le persone hanno notato. Uno per esempio è quello che io chiamo il “tic del flipper”, quando eri tranquillamente seduto sul pavimento in una scena ed anche così sottilmente potevamo osservare un paio delle tue dita muoversi, come se stessi giocando a flipper.

La tua attenzione per il dettaglio è sempre stato un tratto caratteristico della tua recitazione, ed anche stavolta hai trovato il modo di renderla più che una semplice buona esibizione, ma una ispirata. Pensi che questo spettacolo inusuale avrà qualche effetto benefico sui tuoi lavori futuri?

RH: Non saprei…

(Fine prima parte)



Venerdì, 22 luglio 2011

Nella prima parte di quest’intervista con Randy Harrison ci siamo concentrati sul suo ruolo nei panni di Tommy nel musical omonimo. Il suo periodo nel Berkshire è finito fin troppo presto, ed era già preso dalle dozzine di altre attività che fanno parte della sua vita. Quindi abbiamo virato le domande sul quadro più ampio del come lui si tenga impegnato nel resto dell’estate.

Larry Murray: La tua attenzione per i dettagli è stata sempre un segno distintivo della tua recitazione, e anche qui hai trovato modo di rendere la tua più di una buona esibizione, direi ispirata. Pensi che questo spettacolo insolito apporterà benefici al tuo lavoro futuro?

Randy Harrison: Non saprei…Spero sempre che le persone a New York possano vedere o sentire dei progetti che faccio nel Berkshire. Faccio spettacoli diversi qui rispetto a qualsiasi altro posto. Sono tra i lavori di cui vado più fiero.

Ma trovo che – per certi versi – quello che accada nel Berkshire resti nel Berkshire.

LM: E’ un qualcosa che molti di noi stanno cercando di cambiare, cioè rendere il Berkshire una meta per il pubblico teatrale, così come Tanglewood lo è per gli amanti della musica.

RH: E’ quello che dovrebbe essere, un’incubatrice nazionale per produzioni fantastiche e nuove.

LM: Ho l’impressione che tu abbia una vita completamente diversa a New York.

RH: E’ così. 

LM: Sembri viaggiare in uno dei più innovativi e creativi circoli del divertimento. Sono invidioso perché, quando avevo la tua età, avevo l’abitudine di gironzolare per New York per lo stesso dannato motivo.

RH: Sai, mi ci è voluto moltissimo tempo per trovare gli sbocchi creativi che offrono il tipo di diversità di cui ho bisogno, ma penso di essere finalmente sulla pista giusta.

LM: Credo che tu abbia scoperto il tuo vero dono naturale, che non è soltanto il teatro, ma la commedia.

RH: E’ stato davvero divertentissimo usarla per degli esperimenti quest’anno. 

LM: Stavi lavorando a Margaret, A Tygers Heart al St. Clements la primavera scorsa quando Kate ti ha chiamato per Tommy. Quel teatro è piuttosto speciale.

RH: Sì, lo adoro, e le due settimane di repliche per Tyger sono state tipo organizzate inaspettatamente in fretta e furia, ed è stata un’altra esperienza meravigliosa.

LM: Quindi a New York, vai alle prove? Che genere di cose ti interessano?

RH: Mi interessa di tutto. Mi presento ad un sacco di audizioni per nuove opere teatrali, sebbene raramente per dei musical. Per gli ultimi mi ci vuole davvero tanto tempo per prepararmi, bisogna avere qualcuno per l’accompagnamento, un libretto, ed ognuno di questi è così diverso. Francamente il più delle volte per me non ne vale molto la pena.

LM: Ancora adesso a Kate Maguire (direttore artistico e generale del Berkshire Theatre Group) piace raccontare della prima volta che ti ha visto, all’audizione per Equus. Ha detto che l’hai completamente sorpresa, e dunque ti sei aggiudicato la parte. Era la prima volta che venivi nel Berkshire, l’inizio di uno splendido rapporto con la compagnia. La tua preparazione è sempre vasta ed incredibile.

RH: In aggiunta ai nuovi lavori, mi propongo allo stesso modo per tante opere classiche. Ho già fatto un bel corrispettivo di rappresentazioni di Shakespeare. A New York credo ci sia l’area dove ho lavorato di più ad opere come Antony and Cleopatra, e Tygers Heart al Red Bull.

LM: Sappiamo tutti e due che Kate pensa già da un po’ che tu abbia l’età perfetta per Hamlet. Crede che sarebbe un ruolo ideale per te.

RH: Davvero? Non mi ha mai parlato di Hamlet.

LM: Oops. Beh, uno di questi giorni potrebbe arrivare una chiamata. Forse con lo stesso Eric Hill che ha diretto Tommy. Sei pronto per un Hamlet col metodo Suzuki?

RH: Mmmmmmm…No, non penso.

LM: Ritornando a Tommy e ai suoi effetti su di te nel futuro, hai scoperto qualcosa su te stesso durante questo lavoro?

RH: Sì. Ho dovuto ricercare un tipo di sicurezza che non è naturale per me, una specie di spavalderia che si nota nel breve periodo in cui il personaggio diventa super famoso e si crogiola. Quel tipo di fiducia in sé che una rockstar deve esibire è stata quasi una nuova scoperta su me stesso.

Poi vocalmente, giusto la resistenza richiesta per realizzare la parte.

LM: Eri sul palco il 90% del tempo…

RH: E’ più facile di quanto immagini, almeno nel primo atto. Ci sono in realtà solo due numeri, “Amazing Journey” e “See me, Feel Me”. Una delle prime cose che ho fatto è calcolare esattamente quanta energia mi serviva quando ero sul palco, e quando potevo invece conservarla. Grazie a Dio l’esibizione era abbastanza breve, perché le due canzoni toccavano entrambi le note più alte di quanto abbia mai cantato, e anche più lunghe.

E’ stata una magnifica sfida.

LM: Hai qualche insegnante di canto che ti aiuta a proteggere la voce?

RH: No, non ce l’ho, e sai, per anni, dopo essermi piuttosto fermato col teatro musicale ed essere entrato nella musica rock, volevo davvero, veramente avere una voce dal tono un po’ logoro. Ho molti stridii da fare in questo spettacolo, ma la mia voce è rimasta abbastanza pulita per tutto il tempo. E’ brutto dirlo, ma per anni ho cercato di crearmi qualche danno alla voce urlando e con cose così…

LM: Oh, no…

RH: …Ma non ha funzionato, non ci sono riuscito.

LM: Non vogliamo che diventi Mike McDonald.

RH: Adoro Mike McDonald!

LM: Beh, se lui è il Re dei Borbottii, tu sei il Principe della Dizione. Ma capisco quello che stavi cercando di fare, maltrattavi un po’ i bordi, per rendere la voce molto più autentica ed interessante. Ma la tua voce è così pulita che sarebbe un peccato darla via per una rovinata.

RH: Alla fine è stata una fantastica prova essere in grado di cantare a quel modo mentre si avevano otto spettacoli a settimana da fare.

LM: Hai mai la possibilità di vedere show di Broadway, o puoi farlo solo tramite convenzione? Mi pare che gli attori di teatro non guadagnino molto, e che le tue entrate residuali si stiano restringendo col passare del tempo.

RH: Non riceviamo più compensi residuali per quella serie TV.

LM: No?

RH: C’è stato un saldo in blocco. Ma quando i miei genitori vengono in città mi portano a vedere i grandi musical. Ho visto Memphis e Book of Mormon, recentemente. Mi sono piaciuti tantissimo.

Inoltre, sono membro di qualsiasi programmazione con biglietti scontati che esista. TDF, Theatre Mania, l’intero catalogo.

LM: Dimmi di questa cosa. Conoscevo Kate Maguire già quando ero all’Arts Boston a proporre programmi per lo sconto biglietti. Ha cominciato al Lyric Stage.

RH: Lei è davvero notevole. Questa recente fusione è molto eccitante ed è di buon auspicio per il futuro.

LM: Hai anche molti avvenimenti emozionanti che coinvolgono i tuoi amici, come Silence: The Musical tratto da The Silence of The Lambs (aka “il Silenzio degli Innocenti”, ndt).

RH: Oh, la grande Jenn Harris. Mi spiace di non aver avuto ancora modo di vederlo, ne stanno parlando tutti.

LM: Di sicuro. Jenn è un talento naturale. Molti di noi pensano che quel tipo di estetica debba essere portata qui…

RH: Parodie come Black Swan (tratta dal film) della compagnia QWAN e Silence.

LM: Assolutamente. E’ quel genere di materiale leggero ma profondo che riempirebbe i luoghi d’esposizione a Cranwell, Seven Hills Inn ed anche il piano superiore a Jae.

RH: Ci piacerebbe tanto portare la QWAN qui l’estate prossima. (QWAN sta per Quality WIthout A Name – “Qualità senza nome”, ndt). E’ un gruppo molto talentuoso. Christian Coulson è qui adesso…

LM: E’ una delle star in Dutch Masters in arrivo allo Unicorn. Mi auguro di parlare con lui dopo.

RH: Anche Jenn Harris è stata qui, ed altri ancora, quindi ci sono certamente delle conoscenze e tutti amiamo trascorrere del tempo nel Berkshire.

LM: Con la programmazione estesa al Colonial e allo Unicorn potrebbe nascere qualcosa. Tutto quello che ci vuole è immaginazione, promozione e finanziamenti.

RH: Forse qualcosa succederà.

LM: Resti per vedere Dutch Masters?

RH: Non posso, ci mandano via alle 9:30 del mattino. Ma cercherò di ritornare per vedere Christian (Coulson) in Dutch Masters, e Greg Keller – è il suo primo lavoro da drammaturgo.

LM: E’ un po’ una commedia del mistero, non è vero? Forse ti incontrerò lì. In ogni caso, grazie per aver risposto. Non smetti mai di stupirmi.

RH: Prego.